27 Mag
L’indebita compensazione di crediti d’imposta può essere caratterizzato da elementi di elevata gravità, con illeciti che possono ricadere in ambito penale.
La compensazione di crediti fiscali superiori a 50.000 euro è sempre penalmente rilevante. Inoltre, i tempi di accertamento sono 8 anni dall’utilizzo del credito.
Occorre innanzitutto, nel caso di contestazione di un credito, discernere tra credito qualificato come “inesistente” o come “non spettante”. Nel primo caso, le sanzioni amministrative vanno dal 100 al 200%, sono maggiori i tempi di accertamento ed è penalizzato l’accesso agli Istituti deflattivi. Nel secondo caso invece, la sanzione ammonta al 30% del credito contestato.
Le differenze emergono anche dal punto di vista penale. Infatti, nel caso di credito inesistente la pena va da 18 mesi a 6 anni di reclusione, in luogo della non spettanza dove la pena va dai 6 mesi ai 2 anni.
La Fidens, in considerazione del penalizzante quadro sanzionatorio, adotta la massima prudenza nella verifica della sussistenza.
L’attuale formulazione normativa appare debole nell’individuare le condotte da contrastare in modo più incisivo rispetto ad altre, che ad esempio potrebbero derivare da meri errori di valutazione del credito. Dal testo della norma, emerge una sorta di automatismo nel dichiarare inesistente il credito. Ciò potrebbe indurre a generare un disincentivo all’investimento in netto contrasto con l’obiettivo che sta alla base delle varie agevolazioni fiscali.
Da ultimo, l’Agenzia delle Entrate con la circolare 31/E/2020 ha riconosciuto il diritto alla riduzione sanzionatoria, nel caso in cui vi sia obiettiva sproporzione tra la pena e l’illecito commesso.